La matematica delle favole

Il cieco conta le stelle
facendo passi su comete di favole
danza e non sente

ma vede

La scatola vuota
morì di solitudine
quando il vizio prese a riempirla di ricordi
la scelse per la tenerezza
la uccise per noia

La foglia sorrise scivolando sul fiume
correva senza sogni
si tagliò le parole
su una trappola per ombre

Dieci figli senza luce
quattro carboni per pagare il paradiso
e tutti insieme diventano il conto da pagare
ogni volta che ci addormentiamo

gni favola ha un numero pari
da cui dividere il bene e il male
troppo di uno poco del’altro
e nel mezzo esiste il dubbio

Il passaggio di una stella di pioggia

Ogni goccia che cade dalla tua finestra
la ammiri come se fosse una splendida stella d’acqua impazzita
sorridente cade per sciogliersi alla terra
E i tuoi occhi si consumano contare tutti quegli arcobaleni che cadono
li ami nel caldo di un sogno
avuto da un sussurro distante
Sei un piccolo sogna
che conta la pioggia
ed io ti spio
senza poterti distrarre
con arcobaleni di fuoco
per rubarti ai tuoi giorni
Portarti in roseti di pietra senza colore
che al tuo passaggio tornino a vivere
ti farl camminare su carboni ardenti
e ti accorgerai che è la mia passione per ogni tua allegria
Ad ogni passo si spegne per esser ancora più tenera al tuo sguardo
Non ti regalo fiori o momenti da ricordare
Ma è tuo il mio pensiero
e un cielo senza stelle
su cui brillerai
facendo invidia a tutto il creato

La gentilezza

Cambierò tutte le maniglie alle porte di casa, le sostituirò con mani mozzate, (forse di manichini). Lo farò per non dimenticare di fare un gesto cordiale a chiunque, senza sapere chi sia…. così facendo sarò migliore di voi, che evitate la gentilezza e amate il disprezzo

La casa dei fulmini di cioccolato

Milioni di sospiri fa
nella luce di un senno
si appartava la soglia di un baratro

sui davanzali di pura idea
E niente avrebbe pensato
nulla avrebbe provato
se non ali storpie per planare

La messa dei penitenti di sale
si poteva registrare sulla cera
dalle finestre mal tagliate
di una notte abbagliante
L’imbonitore prese a piangere
convincendo la storia
entrò sommessa
parlando da sola

Benvenuti alla casa dei fulmini di cioccolato
la proverbiale riluttanza a farsi benedire
in una vasca d’argento
e un taglio di sole
nessun biglietto che sia pagato
nessuno sguardo voluto

Non si dice nulla
non si parla del poi
un mentre di assenzio
genitori a spanne
per un occhio che vede
per un dente che duole
alle stanze di sopra
un gemito sorride

Per secondi di bellissimo orrore
dalle mani senza dita
di un cercatore di stelle

Arroganza e carità

Due Mani…
una chiamata arroganza e l’altra carità
come un sotterfugio di spilli
si contendono il pericolo
di esser affamate di tempo
sopra una cantina in disuso
sotto macerie senza tragedie
Per un battesimo da cremazione
per un sintomo inesatto
a cui negar al medico
la diagnosi assoluta
Per questo mi sento bene
per non averlo detto
e non aver curato il cielo liquido che le mie mani perdono
con la presunzione nascosta di lato
e un commiato appena giunto

Il matto con la collana di salsicce

Ho freddo quando dovrei aver caldo
cappotto e ben vestito
per non farmi rubare l’anima dal sole
percorro le vie di questo paese sordo
sfoggiando la mia collana di salsiccie fresche
con cui non avrò più fame
nemmeno quando mi dimenticherete
Nei vostri letti avete le vostre certe conclusioni
io cerco quell’anima di fuoco della terra
e non capite
la cerco sotto ai vostri piedi
la chiamo con i miei balli senza ritmo
accendo il fuoco ovunque
per portare luce dove non sapete vederla
e voi mi chiamate matto
e voi vi chiamate matti
ma che senso avrebbe non cercare qualcosa di superbo?
per questo tornerete al vostro ritmo
io vedo ciò che non ne ha
e ballo
e accendo il fuoco
e vi cerco l’anima
perchè non la sentite più

Dedicato ad un matto esistito….buon viaggio polastrì, ora hai trovat

Principesse col tacco rotto

Come sempre e come mai
nei rifugi del problema principe
principesse col tacco rotto
in fuga da balli stanchi

scarpette che riempiono discariche di interesse
per un pò di notoria illusione
lungo le fiabe con pagine strappate
per non rincorrere
la propria realtà

Hypatia

Descritta dallo stesso parlare in sordina
come la prece che scrissero sul mare
divina e pur sempre umana
nella vittoria del pensiero

sulla madre innamorata
Figli e non più attimi
che si sprecano sulla piccola derisione
come un boato d’argento sulla cresta del destino
ti riporta il martirio
delle tue parole che sfidano ancora
la mortalità degli affannati
a credersi immortali

Lo sguardo del cane

Criminali intenzionali
per lotti d’acqua erbosi
giunche come fiori di pezza sopra vestiti usati
tutto per nulla

per le sadiche intenzioni della carezza
la perdita di una casta allineata con mattoni di sale
forza e coraggio della vita in se che si appiana a intuizione
destini e niente altro
parole e ancora niente
odisseo morirebbe a sapersi nessuno
argo lo avrebbe dimenticato
come si fa
dopo ogni esecuzione

Non portatemi dove

Ho vinto un viaggio scomodo
in piedi appeso al tempo
spinto e stretto da bolle d’aria contraccettive
Mi porto altrove come sempre

come uno stupido impasto di melassa
come una preghiera ubriaca e senza richieste
accendo candele di compleanno
sulla bara dei genitori di qualcuno
i migliori carnefici del tuo sorriso
Ed ora portatemi dovunque
ma non ancora dove non sono stato

No future

Non esiste il futuro….. per questo ogni veggente ha ragione…. può creare e tutto può essere, noi siamo un presente perenne…. anche la pallottola che arriva al bersaglio, vive ed esiste in tanti piccoli attimi, ognuno in uno stato diverso… siamo un eterno “adesso” con un magazzino di passato che abbiamo creato a nostra immagine e somiglianza…. il futuro non esiste

Quale viso usare

Quale viso usare sul pendio delle forche?
dove le violenze diventano un dubbio giornaliero
sapendo di non aver sbagliato
facendo la cosa non giusta

Un campo di croci di sale
innaffiate dai buoni propositi
dai proverbi imparati fino a soffocarne
Febbre come pillole per il mal di testa
per inventare bugie
in ogni istante di questa vita
Ed ora non so che faccia usare
per dire che non posso
per la colpa dei vinti
Preferisco scappare
non pensare
Lasciando il giudizio
al mio egoismo
nelle lacrime di moglie e figlia
Ho deciso
Nessuna faccia
lascio che mi si dipinga un sorriso a stento
sulla scia del ricordo
di una vergogna

E spegniamo gli occhi

E spegniamo gli occhi ad un altra notte
indifferenti al dormir sordo delle macchine a riposo
dei crimini della notte
dei silenzi dei neonati
per svegliarci indenni ad un alba che non ci merita
ma colpevoli

di aver dormito
mentre qualcuno
intrecciava cuori
col fil di ferro

La parodia del dolore

Sceglie il mazzo dagli assi
sulla lama ricurva del vento di ponente
Riempite i fiordi del senso
con fiori castrati

le anime dei facchini che invocano un altro viaggio
non ci indurre in tentazione
non ci far procreare figli silenziosi
queste le preghiere che non hanno eco

Come sui migliori teatri
l’attore concede un bacio al suo diletto
la parodia del dolore
non ammette che vi siano fianchi lucidi
non vi sono che circoncisioni dei propri sogni
e tutto si mescola nel cerchio di grano
mentre il bracciante se ne torna a casa

Siamo onesti amici
non c’è dolore che possa farci sorridere
non c’è gioia che possa renderci ingiusti
un Mozart senza parole
alle pendici di se stesso
di cui rimane solo
un foglio scritto a rovescio

Solo per non dimenticare
che ogni nostro sorriso
è solo una parodia del dolore

Stanchezza, andante allegro in Do maggiore

Sceglimi e non te ne pentirai
o meglio
non potrai farlo

Lapidatemi con concetti
che bastano a voi stessi
Prendete e cibatevi di ogni scherno del tempo
delle chiavi che si spezzano nelle porte
Siate il mio carnefice di pezza
La mia prelibata dolcezza
Ma lasciatemi sterile
ai passi dei vostri sogni
con 95 centesimi di follia
con cui compro la mia anarchia
la mia verticale e immortale stasi

Se non mi crocifiggerete ora
da domani spalancherò ogni vostra porta
bussando sui sassi vicini
vi ruberò l’ansia
e vi donerò cortili da ripulire
tagliate l’erba del vicino
rubategli i tesori che hanno nascosto
non se li ricorderanno più
Che siano i liberti
a intonare canti di guerra
in una piazza stanca
di esser un leone di pezza

Cuori a rendere

Cuori a rendere
e non ti pagano
ti appagano nel ritorno

e mentre rimani ad attendere il treno
scopri che sarà sempre in ritardo
poichè un pezzo di cuore
si è suicidato sui binari
volenteroso nel dimenticarsi
E verso vino bianco
a celebrar un sogno apparso
e una bellezza pulita
talmente appuntita
da strappare la mia sicurezza
Ed eccomi a macerare convinzioni
sotto macine di parole
Ad ascoltarmi nelle canzoni
cantando in fondo al celibato del mio amore
che attende ancora quel treno
scordando ogni morte voluta

Mi è morto un sorriso tra le mani

Agognava a esplodere
come un fauno in pensiero
la scelta dei denti su cui danzare
le labbra da far lacrimare

scelse il marmo della sua storia
incise le volontà senza spine
chiuse la porta al vento
e si suicidò senza rumore

Abbiamo avuto a che fare
con indecenze che scoppiano nelle tasche
con quelle silenziose sibilanti come pupazzi a molla
ma nessun crimine avrebbe potuto renderci così divini
non siamo mai entrati da quella porta
non abbiamo mai cambiato l’ora dei dubbi

Ed ora bussano e non sappiamo se aprire
la polizia della vergogna vuole colpevoli
e noi siamo i peggiori indiziati
non abbiamo ancora aperto a nessuno
non abbiamo ancora parlato con nessuno

Sono secoli ormai
che siamo rinchiusi qui dentro
con un sorriso ormai morto
spirato tra le nostre mani
e la polizia ancora cerca di entrare
ma non abbiamo ancora aperto
ma non abbiamo ancora aperto

Il tempo richiede tempo per crescere

Il tempo richiede tempo per crescere
in specchi d’acqua agitati dai sussurri
dagli spazi lasciati pieni di cianfrusaglie
dalle catene di pane

che colmano gli orizzonti
dalle atmosfere in schegge
da tutto quanto non si pretende nato
Abbiamo un sole da capovolgere
abbronzature sciolte nell’acido delle parole
dalle tende assolate di un fallimento splendente
ingranaggi oliati a simpatia
muovono tele d’acqua
sapori spezzati
Il tempo richiede tempo per crescere
ed ogni passo è una congiura
dormienti che sognano i sognatori
le favole dei serpenti scorti
gioca con cubi di aste da grillo
su cui contare i passi
fino alla tua sensazione d’amare
lacrimando a fondo
riempiendo bicchieri
con vino da posteri
dimenticati

Il clown dagli assi di cristallo

 Ho pianto quando sei morta

salendo su quell’enorme bara con le ali
appesa ad un finestrino
come un addobbo natalizio
dimenticato

Ho percorso quel sentiero di fiamme fredde
dove il vociare era sommesso
dove le illusioni prendevano posto
e mi sono riscoperto vestito da clown

Ho allestito il mio circo
in pochi metri di sosta forzata
e voi sceglievate le carte
chi amava i fiori
chi inventava picche
pochi cuori

Ed ancora cercando le vertebre del cielo
camminando sull’orlo del tuo vestito
ritornerò al tuo funerale volante
poichè ho tenuto per me
tutti gli assi di cristallo
con cui da sempre
invento
i miei giorni

A soli 18 passi dal cuore

Per arrivare in camera mia
si deve passare per il corridio degli sguardi
sono 18 passi per andare
18 per tornare

ci vado raramente
ci dormo malamente
mi allontano così dal centro dei muri
e così rimango in salotto
a immaginare amori
che si consumano dentro quella camera
strani, forti, intensi, dimenticati
A volte gli urlo di far meno chiasso
di ridere a mezzo volume
mi infastidisce sentirli contenti
per questo amo pensare che i miei migliori amori
siano là rinchiusi
mi stupisce accorgermi
che sono a 18 passi da trovare il mio cuore
e a soli 18 passi da scordarmene

Non esagerate con la bellezza

Sei confidente fino a che non ti sostituiscono le ali

con carta da parati fantasia
apri cassetti per riunire foglie di rame
perduti da chissà quali orecchini
e tutto si protende a cederti il posto
sono educati e gentili come una colonna di fumo
bella da veder
da lontano
ma fastidioso esserci in mezzo
perciò declino l’invito
e porto fiori ai muri di questa città
ne discuto con il senso
e scopro che ha ragione lui
con tutte quelle favole sul sentirsi dire
esisto perchè mi piace farlo
giusto per far dispetto alla noia
Mi hanno detto che sono stato concepito
hanno avuto un bel da fare
però una cosa è stata dimenticata
rendermi cieco e sordo
molle come un sasso
e stupido come un saggio
Per questo rimango neonato
pubblicizzato da volti perfetti
che mi spiegano come soffrire
anche se
non ho ancora capito come farlo…

E spegniamo gli occhi….

E spegniamo gli occhi ad un altra notte
indifferenti al dormir sordo delle macchine a riposo
dei crimini della notte
dei silenzi dei neonati
per svegliarci indenni ad un alba che non ci merita
ma colpevoli

di aver dormito
mentre qualcuno
intrecciava cuori
col fil di ferro

La dama dagli umori di cristallo

Non toccatela mentre passeggia sull’orizzonte
non disegnatela mentre si sorprende
può svegliarsi di soppiatto e urlare parole nuove
ripararsi dal sole

con i suoi ombrelli di tempesta
da cui grandinano dubbi grossi come dolori
Non parlategli
ha udito d’onda
e la risacca tuona come un cavallo marino cieco
Non fermatela mentre vi spia
perderebbe interesse nel farsi amare
E lasciatela camminare
sul ciglio della strada
ubriaca di pioggia
cantando una ballata strana
rimanendo in equilibrio tra l’abisso e l’amare

L’alba che nasce da lei

L’alba che nasce da lei

come dai suoi fianchi d’ebano

riporta le memorie che non volevi ancora

ed è ciò che rimane di puro

forse domani sarà una stupida guerra da scordare

Ma ora guardala

dorme senza paure

libera la sua bellezza

ed è una preghiera al mondo

dove si desidera che nulla accada

Ne sogni a disturbare la realtà

Ne tristezze a portarsi via i sorrisi

L’alba che nasce da lei

è un miraggio della luna e del sole

che sparisce quando il mondo si sveglia

lasciando un posto vuoto

dove dovrebbe esserci un sogno

L’universo a mia immagine e somiglianza

Dove posso toccare ogni stella che muore
dove altre nascono dal parto del sogno di un dio
dove ogni parete si sgretola al soffio
balene di polvere navigano lontano

sopra le dune del mio naso
il mio occhio può vedere ogni singolo canto
ed è per tutto questo che è stato fatto
l’universo a mia immagine e somiglianza
piccoli dei nascono ogni istante
e li calpestiamo come se fossero vermi
non li facciamo respirare la nostra aria
ne i nostri sogni
chiunque può rinunciare
ma pochi sanno tradire se stessi
ed esplodere a due passi dal sole
come se le comete fossero proiettili invidiosi
Non potremmo amarci di più
se non vedere l’universo
a nostra immagine e somiglianza

Odio

Odio le ciglia finte
le parole composte
i silenzi vuoti
le campane rotte

gli abiti da sposa usati
lo spazzolino rotto
i piatti fondi
chi nega la realtà
chi crea la propria illusione
chi ha paura
chi non ha paura
le case basse
le tende rotte
la pianura
odio il vento quando scappa
la sabbia tra i pensieri
le salite troppo facili
le discese che portano a niente
le porte aperte
e chi si nasconde dietro a esse
odio il tuo sorriso
quando porta i tuoi dubbi
odio il cielo
quando si nasconde sotto il mio palmo
odio la morte
e la vita dopo di essa

Se

Se potessi evaporare il giorno
delimitarlo in sciocche azioni di piccole falsità
allora si che mi ritroverei a desistere
dal respirare la vostra stessa aria

La semplicità del silenzio

Metamorfosi di uno sbocciare adulto
lenta e scivolosa adulazione del volto
come di un fiume a ritroso sulle campane a festa
anni e anni di feroce bellezza

come nulla a che fare
con la vergine dei domani
Siamo rimasti adulati e innamorati
di ogni sospiro di sale
che hai saputo dare
di poche volte celesti a dimenticare tesori nascosti
sciami di luce scura
a illuminar pareti
su cui ci hanno fatto attendere
plotoni d’esecuzione
cancellati dal ricordo
a colpi di incertezze
ed ecco i carnefici che si allontanano
dimenticando i nostri resti
da cui domani
nella semplicità del silenzio
rinascerà il peggior perdono mai scordato

Tempestarii

Dai cieli piove ancora l’illusione della pioggia
linee perfette tra cui vediamo a stento
in cima al monte
scavando nel suo cuore

misi acqua e foglie
fino a girarne il destino
e vortice
e pioggia
fino a svuotare il cielo
del suo sangue più puro