Persefone Immacolata

Come uno strale di vergogna
le scelte fatte gli tornarono a chieder pegno
enormi nel loro dorato vello di follia
Urlarono così forte
da farlo resuscitare per mille notti ancora
Ma non bastò a redimerlo
da tutti i peccati ancora da fare

Scelte e mille ancora
per non fermar il tempo a riflettere
nel buio freddo di un paradiso immobile
tutti gli incubi presero posto
per giudicar la prece fatta

Non per gioco
ne per clemenza
lo costituirono uomo
estirpando il sangue dalle volontà spaiate
di una notte senza stelle
e nessun foglio su cui dimenticare

Calma difettosa

La gioia è un insulto
Sulle pianure di troppa gente
Nel gocciolare rabbioso
Di una provinciale partenza
Finestre a lapide
Per ricordar la carità
Di chi ha voluto andarsene
Cercando speranza
In abbracci di ferro

Mentre tu eri ferma
In quel punto nascosto
Tra il sognare stanco
Di un deserto in fiore

Romanticismo spirituale (petizione a san valentino)

Ma che bel cielo! Che avrà di bello proprio non lo so. Una macchia di colore incerto, a volte grigia a volte celeste altre volte blu… solcata da preghiere, aereoplani, stormi di piccioni con l’intestino facile (sarà colpa di tutte le speranze che vengono lanciate da terra??) Il cielo non ha senso, sono le nuvole le vere attrici di questo immenso foglio pseudo colorato. Il cielo di notte  si buca di lucine da presepe e noi romanticamente le definiamo stelle. A guardarle bene però scopriamo che sono lucine impazzite e nevrotiche che non stanno ferme un minuto, poco romantiche. E se togliessimo quella barriera visibile? potremmo vedere costellazioni e pianeti? dobbiamo munirci di occhi ben migliori per questo, forse non saremmo così sicuri di esser l’unico sputo possibile nel sottoinsieme molecolare.

Ho deciso , da oggi il cielo non mi appartiene più, che anche dio si trovi un posto sulla terra invece che in un miglio quadrato di niente. Domani invece ti porterò a vedere le nuvole, decantando le forme e le somiglianze con un cavallo o con un animale ancora da inventare

L’incompatibile leggerezza d’essere

Stupido ergo sum…

Un esempio disperato di autocoscienza critica quanto basta a festeggiare un altro anno nel proprio guscio. Siamo consapevoli io e le mie molteplici manie di non voler esser presente, telefonando a GIuda per saper se ci sono sconti, 30 denari sono troppi in tempi di crisi.
Costa anche tradire, costa maledire, costa tutto, ma a  noi bastano i soldi, fogli di carta dove abbiamo stabilito quel che noi siamo.
E’ meglio un collezionista con tanti fogli colorati o l’ultimo dei ricchi? Chi risponde? Abbiamo creato banche per raccogliere tutta la nostra collezione e ogni giorno la scambiamo con adesivi su cui vi è scritto “bravo hai fatto il tuo dovere”. Interminabile coda per comprare, una collezione/sfida che ci porta alla tomba. Nessun vincitore fino ad ora. Si muore sempre prima di conoscere quanti fogli uno è riuscito a rubare.

Tempo fa conobbi un tale che per avere due fogli in più uccise un altro tale, ne fui spaventato a tal punto da regalargli un intero rotolo di carta igienica. Non bastò, voleva un altro tipo di fogli.

Ed ecco che torno a non capire il comportamento di quel tale, un foglio vale l’altro, oppure no? Carta igenica non è uguale a Banca d’Italia? hanno due significati identici, metaforicametne parlando, entrambi i fogli servono a qualcosa di assolutamente necessario nella vita di tutti i giorni, Entrambi sono colorati, entrambi sono fatti con cura e in modo speciale, allora che differenza esiste concretamente tra questi tipi di carta? Esiste il valore che diamo, a questo punto posso dar lo stesso valore a una serie di sassi.

Il denaro non esiste, esiste l’incompatibilità di essere noi stessi, aver una ragione logica di sussistere, di sopravvivere a noi stessi, oppure più miseramente, abbiamo dato un valore enorme ai fogli chiamati “carta moneta” mentre era meglio avere più carta igenica nel momento del “bisogno”

Firmato “io c’ero”

Il mito dell’uomo

Aggressivi per corazza di plastica, come uno scaldabagno rotto. Il Mito dell’uomo diventa una leggenda scolorita, iraconda se mutilata, ma nient’altro.

Come cambia la pelle senza il bosco!
Si compie il miraggio e lo si porta nella propria ampolla con tanto di neve improvvisata, ma è rimasto a brucare il proprio sodalizio invece di rendersi giustizia.
Non conosco questo uomo che per valori ha una ventiquattrore di pelle sudata, un accento diverso da quello della grammatica del ben vivere, poca arte nelle dita e troppa attenzione alle classifiche senza premi.
Mi domando dove sono andati i principi rana e i cavalli a dondolo, l’eutanasia del dilettarsi, senza proliferare, senza rendersi conto che stanno vivendo in quell’esatto momento. Attese pindariche e nessun porto dove approdare sicuri o insicuri.
Il mito è sfatato, la forma non è più se stessa, ancora nevrotica si contorce nel sonno. Quante paure ha un cane di taglia grossa a cui nessuno degna una carezza?
Costruita la paura si lamenta di essa ed allora porta con se la gravidanza di un gesto troppo violento per piacersi abbastanza. Trofei sicuri ma troppo umani e delusi per sentir ancora la parola amore così reale come un tempo, ormai è solo un delitto a cui due persone sta bene consumare.
Il mito dell’uomo è mangime per stelle
pascolando senza luce, in quelle notti dove solo l’uomo conosce la risposta ai delitti commessi durante il giorno

Le cose senza nome apparente

E come sempre scrivo con troppo rumore nelle dita

nelle falene attaccate al pane degli stolti

pensando al cielo che mi cadrà in testa un attimo dopo

aver scoperto come sorridere

Segnato e macellato dai giorni migliori

attacco la penna al bordo delle labbra

per vedere cosa dico realmente

cosa disegno quando dormo

esisto io e poco altro

anche se qui spesso bussano

chiedendo se non c’è nessuno

aprirò quando sapranno il mio nome

lo scorrere del mio sangue

tra le macerie di una promessa

condannata a mantenersi da sola

Non è tristezza

quella che mi semina

ma presunzione del credersi migliori

di quel che sogniamo

tra un pezzo di pane caldo

e il muso di un tiro a segno

troppo vicino al cuore

Zitti

State zitti
Riuscirete mai finalmente a tacere tutti
in un solo enorme boato di silenzio?
Dalla cima del mondo
all’ultimo granello d’oceano
finalmente zitti in attesa
di una parola migliore
In ogni casa
come in ogni trincea
In ogni governo
come in ogni chiesa
Nessuna preghiera o promessa
nessuna spada tra le costole
Nessuna poesia o malattia delle parole
ne santi in orazione
ne balene in doppiopetto
Zitti finalmente
fino a sentir dal fondo del mondo
un bambino gridar sottovoce
“Va bene..
Ricominciamo…
Ma questa volta..
giochiamo meglio”Image