Ho perso una figlia

Ho perso una figlia
Ma non chiamatemi distratto
È stato il peso di
Un Ti voglio bene
Detto
facendo esplodere
Tutto il silenzio
Di molti anni
Ed ora è perdonabile solo il ricordo
Per un tribunale futuro
Quando del giusto
Ne parleremo in terra
Alzando gli occhi al cielo

La canzone della pazza

Ti cullarono 
tra rovi scoloriti
sullo straccio bianco
che portavi d’innocenza
sporco ormai
dai troppi visi passati
a prostituirsi la coscienza
Sei peccato di tuo padre
e rancore di madre
cresciuta fino ad ora
per poi perderti in nessun mondo
eri pulita fino a ieri
solo ora ti si accorge la vita
tra i meriggi passati nel silenzio delle voci
che insistono nel volerti sposare
Ed ora canti
pazza bambina adulta
in un cimitero 
di cesti di frutta
specchiandoti nel trono dei topi
in mezzo a ricordi mai tuoi
Fatti addormentare ancora una volta
dalle voci di vetro 
uniche madri
a farti corona9

Maledizione senza odio

Un cuore per un destino
Perfetto senza il futuro originale
Un corpo diviso da mani selvagge
Non c’entra l’amore
Ma l’orribile scienza della morte
Sciacalli macellai
Rubano i giochi d’infanzia
E ne vendono i pezzi
A famiglie offese dalla bellezza
Se potessi rubarvi il respiro
Soffochereste di maldicenza
Di furor mortale
Per ogni gesto
Per estirpare un sogno
Un dolore senza fine
Per immortalità di tortura
Non vi posso odiare
Solo maledire ogni vostra assurda azione
Pensando con disgusto
Che anche voi potreste
Provar amore

Ogni anno 800 mila bambini spariscono in siberia per il commercio d’organi. Molti vengono ritrovati morti o macellati. …

Guardate il poeta

Soffermatevi a guardar chi scrive poesia
Dinoccolate serpi o nevrotici araldi
La mano che porta la poesia
È sempre un malato immaginario
Di una vita abortiva in sé stessa
Nella placenta interminabile
Di un gesto d’amor troppo confuso
Per poter sorridere ad ogni risveglio

L’oste non ti ama

Viviamo solo per insulto alla morte
Alla solitudine che attanaglia il cheto vivere
Ci si rende conto di quante parole buttiamo
Nel cesto dei “come stai? ”
I conti non tornano
Come ingordi maldestri
Cibiamo il nostro futile “aspetta”
Trovandoci infine a non aver abbastanza buone scuse
Per pagar la gioia

Il deserto bianco

Città fantasma
Dove le case si maledicono
Quando la taiga
Non vede
Ricordano il bene e il male
Delle loro stanze
L’orgoglio e la vergogna di ogni mattone
Giuria scomoda
Qui nemmeno i demoni passano
Temono quel silenzio
Che non riesci a lavare via
Ha in sé tutto il peso
Di favole raccontate male
Per quei bambini ormai adulti
Che non conoscono lieto fine

Il circo difettoso

Quando il mio odio
Diverrà abbastanza adulto da poter cantare
In solitaria prece
Non lascerò scivolare l’oppio delle parole
Lungo i fianchi di ciò che ho fatto
Non mi sono mai reso conto di quel che ho scritto
Solo ora ne accetto il senso
E inorrodisco nel rivelarmi così tanto innocuo
Per aver solo ripetuto un buon senso stantio
Incapace di ricordare
Incapace di farsi valere
Tra le attese delle mie dita

Il museo dei pensieri

Storti e affabili
Pensieri in bacheca
Dimenticati o violentati
Da macerie d’uomo
E mani di gesso
Comprate e pagate
Per assistere al morire
Consumato e incessante
Del pensiero ludico di un impiccato
Consumiamo lune intere
Nel volerci pensare
Ma rimane distante
Annoiata da chi la pensa amica
Pensieri alla berlina
Di un pazzo e un sadismo
Per un museo da sempre chiuso
Per pensieri e bellezza

Il corpo dalla pelle che ride

Il tuo corpo attutisce
la risata isterica e scheggiata
di un giullare a molla
malevolo nel suo voler salvare
una vita intera 
da lancette d’orologio
da burroni di sale e fango

Movenze d’ebano chiaro
sinuose come il vello di un eroe comune
ove sei tempio e sibilla
nelle driadi del cemento

Si stupisce lo sguardo
annegando la mente
risorgono colori e respiri
mai avuti in pasto
Come sempre un patto è un patto
vi sarà la morte dopo la vita?

Ancora le solite parole
in fila per invalidità d’azione
ove anche poveri diavoli
rimpiangono l’unica buona azione
mai compiuta
nel paradiso delle intenzioni