Il tram dei fuorilegge

Il tram dei fuorilegge

Pieno come una vita
E’ la caricatura imperfetta
Di ogni nostro aspetto
ogni nostra compressione
Visi spennati
resuscitati al tramonto
dei loro peccati
Deviati dalle vite
che a fatica disegnarono
su fogli di carta all’asilo

Sul viso operaio
che fissa il vuoto odiato
Sapendo che non se ne andra’ mai
rimarra’ come un amico indelebile
a deridere ogni schiaffo dato
ad una moglie
scappata per troppo amore

Al viso di una giovane soubrette
dalle gambe a croce
quasi fosse stata condannata da un oceano di Barabba
a mostrar il verso della sua bellezza
Che inneggia cosi’ tanti amori
da sentirsi troppo sola

Ai bambini costretti
come rematori greci
Alla madre che ripete il rosario
sulla lista della spesa
contando i centesimi
simili a preghiere
che la contano
da qui a fine mese

Al cerchio del perverso
che pecca di troppo amore
per immaginare storie di sesso dolce
ad ogni culo che sboccia dalla fila
Per morire ogni sera
davanti ad uno schermo solitario

E tutti seduti composti
mentre un autista
novello caronte
li traghetta ai loro piccoli inferni
che chiamano casa

Vi adoro
mie piccole glorie
il vostro pensiero rimbomba
nelle ossa di dio
Mi cibo di voi
ogni volta che affondo
nel tram dei fuorilegge

La tecnica del volare

Poesia per nulla ardita
Su un piano storto
Da cui corrono ad una ad una
I frammenti di un cuore macchiato
La mia poesia è un cappello che non si toglie nemmeno per salutare
Si veste pesante
Quando un sorriso riscalda
Per vendicare il vuoto
Del freddo prossimo
Le mie parole sono aereoplani di carta
Lanciati suicidi
Contro muri di voci arroganti
Fino all’ ultima pagina
Dove dirò finalmente
Che eran tutte cazzate

Dotati immaginari

Siamo dotati immaginari terapeuti del buon consiglio
Trapezisti con le vertigini
Schiene piegate
Dal cercare di scorgere l’inferno
Proprio sotto i nostri piedi
Non vedendo paradisi tra un sorriso ed un nuovo nato
Siamo burocrati feroci
Pronti a indignarci
Ma piacevoli al nascondere la nostra indifferenza
Il nostro canto non è per le stelle
Si stupirebbe la bellezza
Siamo coristi da nascondere
Morendo ad ogni stonatura

Spine di ghiaccio

Parafrasando il nulla di un suono
commetto ancora una volta il delitto perfetto
di pochi stracci rimasti a bagnare le forme
le splendide andate forme che ora non hanno sapore
Dimentico cio’ che la gioia mi avrebbe dato domani
Per esser indulgente ancora a una richiesta di disperato amore
Tenendomi nei luoghi dove la pelle non diventa bronzo liquido
Ma resta
Ghiaccio con le spine

E abbiamo ancora forza….

E abbiamo tutta la forza del mondo
Per attendere che nasca un sole
Meno pessimista
Meno timido e impaurito
Ad illuminare quello che io chiamo amore
Perche non posso accettare non meno
Che un sogno ad occhi aperti
Che perder tempo
Con follie travestite da marionette
Sono in attesa di un cuore migliore
Che accetti la subdola reticenza dell’ essere umano
Delle sue paure inesatte
Delle sue sconfitte ad ogni parola detta
Sono ad un passo dall’ assuefazione cardiaca
Ad un passo da una porta chiusa
Ad un passo da un addio bugiardo
Ad un passo da togliermi un enorme peso dal cuore

La ferita circolare

La Ruota e la ferita
Simbolicamente assurda
la cerchia di disprezzo
che la gente vuole e deve
prima per non appassire
nei legamenti della propria ingenuità
la seconda per divenire meno attraente agli occhi di nessuno

Prospetto a Nord

Lascio le intenzioni
sopra una tavola d’amianto
perseveranze che ottengono vagiti
di passi natii
Parsimoniose e delicate arie
da un grammofono moderno
riscuotono successi
meno che intenzionati
priori da bussare
celle da ingrassare
questo come sempre
il nostro caro sorriso stanco

Strappi di carne

Siamo fatti di mani
di tocchi e rintocchi
non di dubbi
Le nostre felici membra
non ricordano l’offesa
sono solo stanche
ad ogni gitante passo
ogni giorno
circumnavighiamo oceani di parole e ombre
fino ad arrivare tramortiti
dai nostri troppi sorrisi
Suscitiamo amore
in chi non chiede che pena
per un altro ipocrita bacio

La belva delle 23

Se fossi io la belva che tutti vorrebbero come scusa?
Potrei benissimo farlo
se non altro smetterebbero di avere un senso
quanti ridono vivendo tra gli attimi di logica
e mentre tutto cambia
noi ci spostiamo di lato
lasciando passare milioni di fieri ottusi
Altra merce di scambio per la povera logica
sciami di vespe impazzite
che pungono immaginari sogni d’aria
lampioni distesi
stanchi di illuminare peccati notturni
chiamati
morta da sonno elastico
Non saprei cosa scrivere
se solo così fosse semplice
in effetti premo a caso
i tasti di un qualcosa
di cui mi piace il suono
sono da sempre convinto di essere un musicista
improvvisato
sulla tastiera di una macchina ben poco romantica

Il funerale dei francobolli

Lenta come una attesa
la folla brama viaggi senza ricordi
un ennesimo attimo tra il vorrei e il saro’
Sono simile a me stesso
in questa cerimonia che non potrebbe esistere
senza i miei incubi
Sono sempre io
ai quattro lati della bara
che trasporto i francobolli di lettere mai spedite
una raccolta perversa
di quanto si dovrebbe dire nel giusto
Poca voglia di schiavitu’ illogica
poca voglia di compromessi
Allora cosa e’ questa maledetta insoddisfazione?
Cosa manca alla mia follia
per esser allegra e non annoiata?
Una bara piena di francobolli
Ogni nazione ed ogni ricordo
Una lettera strappata sulla cima del ben strano cadavere
con parole a casaccio
con abiti laceri
Un lungo corteo attraverso sorriso a specchio
volgono alla meno fortunata sosta
di un carillon senza lancette
un tempo senza mani
fino alla preghiera di un prete senza indifferenza

Felini di bronzo danzanti

Siamo felini danzanti
sopra nuvole di fumo nero
ingioiellati di contrasti come spine mai tolte
Lasciati stare come pazzi e visti come savi
mentre tutto intorno
si trasforma in melma senza piu’ nessun sapore
Questa la canzone dei contrari
dove uno e’ l’esatto doppio di milioni di possibilita’ contraffatte

Ubriacofagi

Un liquore da ebrezza
Secondo lancette precise al dubbio
È questione di tempo
Ma prima o poi tutti ci ubriachiamo dei secondi
Che senza ritegno perdiamo nel pensarci
Dietro uno specchio di sale
Un ubriaco senza riflesso
Abbracciato da un solitario momento di follia
Senza lame a pettinare sogni
Senza un discorso da maledire prima di un addio

Le attese dell’Accidia

Insistiamo con l’amare il desiderio di volere

dimenticando come sempre che le pieghe del mondo hanno il loro risvolto

le cortecce sono meno morbide al tatto

quando si cerca di aprire scatole senza idee di scorta

Rimaniamo fermi ad aspettare un passaggio

verso la cima di una collina di paure

guardando in basso verso l’oggetto che speriamo

buttando via il tempo

cercando una felicità che non sappiamo raccogliere

da occhi grondanti di attese

Le favole penitenti

Che sapore potrebbe avere un gesto?

Lasciar scorrere sulle immaginarie linee del pensiero

un volto che non si distrugge al ricordo

Una sfera perfettamente sbagliata

che rotola lungo i bordi di un letto 

caduta libera malata

fino al fondo di un inizio

che riprende in se l’armonia 

di tutto quello che si riesce a resuscitare

fino alla prossima

penitente favola

A rimbalzo

Le fatiche sono per eroi scaltri

mentre noi rimaniamo a dividere l’acqua dalle lacrime

di chi ci e’ passato oltre

da chi si e’ perso in una nebbia di illusioni

pendii di pianura

che fanno cosi’ paura alle nostre mani

sciabordii senza indifferenza

sulle maniche lasciate cadere lungo i fianchi del mattino

la scena madre di un pericoloso addio

consumato prima di rendersi conto

che fosse un buongiorno

Il bosco degli assassinii

Lacera e consumata
La favola perde interesse
Verso i suoi piccoli ladri di respiri
Riducono gli spazi
Tra una scoperta e lo stupore
Fino a cuocersi pesanti lapidi
Nascoste tra gli alberi
Ognuno qui è. Vittima di un omicidio
Foss’anche un suicidio improvvisato
Quasi avessimo lasciato aperta la casa nella fretta
Non importa
Ho più sonno che apatia
Perdendo un dente d’oro
Seduto su una tomba
Nel bosco degli assassinii….

Cosa avete pensato?

Cosa avete pensato ogni volta che la vostra codardia ha insistito per rendervi schiavi? Cosa nelle vostre tasche ha spinto fino a uscirne? Siate consapevoli di quello che non avete detto, vi lacerera’ ogni vostro desiderio fino a rendervi ancor piu schiavi del nulla…

Il marchio

Il marchio è un sintomo di evanescenza che determina la nostra impresa più grande. La specialità nel morire vivi ci condivide con milioni di suicidi coscienti lasciandoci un solo dubbio sulla dimenticata strada verso casa

Maledetta voglia

La maledetta voglia di esserci in ogni momento, la delirante attesa di non aspettare, ingoiare pezzi di minuti come se fossero aculei per un fenomeno da baraccone.. ecco cosa parve a chi guardava. Mentre la luce che filtrava veniva calpestata dai passi nervosi di un tremante egoismo, la faccia cadeva ai lati e si ricostruiva nell’ombra della stanza quasi a non capirsi e rendersi misteriosa… Rimaneva così solo con la sua maledetta voglia di affogare in un mare di lame affilate…

Il viaggio blu

Mi accontentai di seguirti
come un cielo insegue i giorni
mentre le spade si affilavano sotto lampioni spenti
e tutto diveniva la carità altrui
che si ammassa alle finestre
opache di fiato sospeso
e milioni di bambini ad aspettare

Finimmo a deviare il tempo
la congettura degli affogati
le ultime folli preghiere ascoltate
fino a renderci schiavi di un brusio
che nessuno oltre noi avrebbe amato

Si assopisce la mia vergine
sulle rocce di una città selvaggia
tra le macerie di una ferrovia illuminata
durante il passaggio ad est
di un desiderio stanco

La stanza del ragno

Si perde nelle spire di un ragno di luce
La mia giovane vecchiaia
La condanna a morte dei campi notturni
Passati ad inseguire spirali a perdere
Seduto
Spossato
Mi raccolgo per un altra insonne miopia
Dove favole di cristallo
Si raccolgono a pregare

Caduta semilibera

Cado sulla schiena dentro di me
dalle parole che non ho saputo dire alla mia felicita’
quando te ne andasti a cercar l’oro dei folli
Ero incauto nel comprendere
quanta poca fantasia vi sia nell’egoismo
nel saio di un prete a digiuno
ripescato da un mazzo di jolly
Lascivo fino al termine del mio complotto
organizzo serate danzanti
con pachidermi suicidi
per condanna a se stessi
come se fossero avanzi del giorno dopo

Rogo

Buttateli al rogo
I vostri santini
Dove vengono ritratte le speranze tradite
Portatevi la croce dei vostri peccati
Come indossereste un cappio d’argento
Siate piccole candele senza vento
In quello che voi chiamate
Un attimo prima di morire

Non mi aspettate

Non mi aspettate
faro’ tardi a contar le gocce di pioggia da qui alla vostra fine
lascero’ una scia di pane marcio
per ricordavi che ormai troppo tempo e’ passato da quando ero assente
voi che non sapete sorridervi
lasciate che sia io a dimenticarvi
e non voi a ricordare me

Il suicidio dello specchio

Ho bisogno di una pallottola
Piccola. Tagliente pallottola rossa
Resa eterna da un bacio
Dato da un gatto vagabondo
Ho bisogno di una pistola pesante
Lucida e graffiata
Dalle vittime del suo rumore
Ho bisogno di questo
Solo di questo
Mirare al centro dello specchio
E veder il suo tumore esplodere
Creare figure e cerchi spezzati
In geometrie complesse e sbagliate
Schegge di sutura
Come erba al mattino
Tagliata da passi pesanti
Suicidare lo specchio
Per colpire ciò che corre dietro di me
In un lungo e tagliente
Bacio dato all’ incoerenza

Melograni in fiamme

Melograni in fiamme

sono tutto quello che rimane di una romantica vendetta

presbitero di un ricordo

condotto alla gogna come un delitto di passione e verita’

a cui tu non hai mai saputo dire “forse”

Le rose che ancora fremono al mio passare

ricordano lenti opache

con cui sbirciare il mondo da una scatola

dalle falene ubriache di morte e vincite al lotto dei folli

Siamo rimasto questo

dei melograni in fiamme

che sanguinano preghiere

Povera Italia

Datemi tempo e vi rendero’ il mondo

lo vomitero’ sulle proprie bugie

sulle scelte errate di chi sa cosa fare

sulle presunzioni dei delitti

mentre tutto volge al termine di un odissea

di pianto e lamenti a meta’

sono temi a noi cari

come la fame del mondo che non esiste

poiche’  non lo tocchiamo con mano

ma quando un paese mormora rabbia

tra denti spezzati

allora viene l’obbligo di imbracciare la dignita’

e rendersi liberi

Lanterne spente

E se fosse anche un solo piacere

prendere a schiaffi la noia

la perseveranza di un difetto

e finalmente rendersi umili

e proclamarsi dei

Allora sarebbe semplice divenire e non fuggire

Un fiore all’occhiello che diventa un bersaglio immobile

per austerita’ divine

stillate come pagine di un libro rotto

Parole che ondeggiano sulle righe

sulle senzienti mani di un vecchio falegname cieco

padre senza figli

di un messia

a cui il mondo

ha negato di redimersi