Esseri Altrui

Devo per forza apparirti come vorresti?

Vestito di scene che un uomo dovrebbe?

Quale debolezza se fossi come dentro appaio?

Quali vergogne dovrei studiare se non esser me stesso?

La soggettiva maniacale ilarità

diventa fuoco freddo

se dovessi mai fare ciò che non amo

Se dovessi tingermi le mani

per colorarti di sporco e bugie

In secoli di indagini

non abbiamo mai trovato il colpevole

del nostro delitto più assurdo

Esser altri

per sedurre l’inganno

Riflessi di gioie

Scaricami da questa tua ostinata illusione

della tua feroce voglia di sentirti

diversa da come vuoi sanguinare

Le scelte dei tuoi domani

sono fugaci attenzioni alle tue scene

Siamo stati composti da un mozart ubriaco

come se avesse chiuso in se stesso

la chiave per aprire dentro lo stesso scrigno

mentre porte sbattono

sui visi di possibili felicità

in9ondate d’argento incolore

sulla via del ritorno

cosa vorrei di più?

che tu non fossi qui

a viverti di riflesso

alle mie possibili gioie

Aritmetica incompiuta

Abbiamo bisogno di spina dorsale
per camminare curvi
senzienti del nostro peccato originale
comprato in saldo
alle metamorfosi della gioia
Siamo divisi per noi stessi
come un onda d’urto
di bambini che giocano
sull’orlo di noi stessi
donna e uomo
in se stessi divisi
mai concepiti
se non per parvenza di un ostacolo
che ancora
ostinati
chiamiamo vita

Corpus Magister

E se fossimo fine a noi stessi?

Se noi fossimo gli altri che dividiamo e consoliamo?

Siamo ammalati di divisione

operazioni contrabili di una vità a scalini

Ma se noi fossimo

l’intero di un corpo

e noi mille organi

ad ogni angolo di azione?

Scoprire la nostra non funzione

sarebbe  il peccato originale di medici senza remora

Un organo asimmetrico

di deviazioni contemplate a tavolino

da seguaci di retorica risibile

Un corpo e un pensiero

nella metamorfosi di un incendio dell’anima

fino a concepire

il parto finale

di una umanità senza più dubbi

Mai fine a se stesso

Composta speranza di un carceriere senza anima

che si confonde con gli abbracci che abbiamo confermato

prima di partire

 

Se la notte ha un suo suono

abbiamo forse noi il nostro delitto?

Siamo e non saremo

diveniamo ogni momento

nel nostro protenderci verso il passato

dove le favole assumono giocolieri

per fare scempio della vanità dei nostri figli

Bisogni e non orgogli

queste le parole da cesellare sul mondo

Le città in testa

Sono vastità di dubbio
che si aprono dalla mia mano
senza concedersi tregua
se non per irradiare
maggior ombra sul destino

Incomplete sicurezze
che si proclamano di ieri
sul finire di un tramonto
troppo vicino alla notte
sulle spalle di un delitto
a breve scadenza

Siamo troppo
e ve lo ammetto
come un singhiozzo castrato
dai tentativi di baciarsi
dietro un paravento
dietro una finestra
dalle città in testa
che si aprono al nostro evadere

San Valentino con lo sconto

Povero Valentino

infilato a forza per coprir le nudita’ di Fauno

per erigere un muro alla natura

alle sue mille facce bronzee

Come ti senti Valentino?

ad esser solo una scusa

per dimenticare di amar la terra

e il suo arcangelo piu’ simile a  noi?

Come ti senti lacerato

in un prodotto consumato da bestie

ferocemente attaccate al nulla?

Benedici con pieta’

l’uomo che ti assume a sua prece

e lascia che Fauno

celebri la sua gloria

fecondando ogni albero

Ti svesti come sempre

ti svesti come sempre

appoggiando il bagliore dei tuoi occhi

sopra pile di vestiti da ripiegare

fai mosse attente

letteratura da buonanotte

creando torri di babele

con i tuoi affranti sogni del giorno

Non vorresti fermarti a dormire

ma non ne puoi fare a meno

la piccola morte di ogni secolo

ti chiama a gran voce dai flussi del tuo riposo

Come a doverti escludere dal mondo per qualche ora

come se dovessi morire

per poterti resuscitare

al suono di una sveglia

che come un filo di arianna di riporta a noi

Il sonno giunge come sempre

tra i ritardi di un dilemma

ripensandoti adulto

dimenticandoti di sognare

Sciami di spose in attesa

La scena si infrange come spille da balia

si tramuta in alberi alle finestre

dentro case di schiuma  nera

chiedono a gran voce di aprirsi

le porte di un diseguale affranto

La procreazione assistita di un barattolo

vuoto ma mai riempito

mentre uno stuolo di carcasse vibranti

si ritrovano a concludere affari

sopra macerie d’uomo

Siamo un pezzo di carta

dove scriviamo un passaggio

lacerando arnie di spose in attesa

e sulla vanita’ dei nostri figli

che si aspettano di esser peggiori

dei nostri sogni piu’ scaltri

Non ti dico ti amo

lussato fino all’anima

il mio fervore si inerpica sulle tavole d’ebano

che compongono il mio miglior suicidio

le mie mani fino a ieri sconvolte

si fanno acqua e fuoco

diventano i marchi del mio volere

Non ti dico ti amo

per farti partecipe

ma per maledire un sogno che non sa volere

una sensazione  mal celata

dietro paure senza rupi da salire

Sinagoghe e chiese

dove nessuno prega

che non se stesso

ritualismi da manuale

dita che affondano all’unisono

schiantandosi nel mondo

come meteore di spalle

Questo accade ogni volta che dico ti amo

volontario al mio marciare

verso l’abisso di me stesso

verso il lato piu’ chiaro del mio ripostiglio

laddove i gesti sono correnti ghiacciate

per scaldare sguardi

chiudimi pure in un illusione

evadero’ ogni istante

dicendoti ti amo

Dietro porte senza orecchie

Mi nascondo
per sentire il ticchettio del vento sulle mie vertebre
sulle mie parole che diventano fiumi di pece profumata
su strade sinuose seducenti
ricordate da un moribondo ad ogni angolo
Solitudini come caos
che diventa rumore da troppa gente
che si affaccia alla finestra del suo stesso medesimo
inarcate dalle profezie di sorrisi poco smaglianti
in mezzo al fumo di un bicchiere spento da tempo
Mi nascondo
dal rumore dei passi che si allontanano
da quelli che non sanno dove andare
mi sorprendo scoperto e inutile
dietro le tende di un palco gremito di sospiri
Mi avvolgo compiaciuto del mio esser stato tra voi
senza contar i morti del benessere disperato
della follia acuta delle capriole finite nel fondo dei ricordi
di quando per sorridere
ci bastava sognare noi stessi
e un ginocchio sbucciato
dietro porte senza orecchie

Ricordare di uccidere un passato

Devo ricordarmi di come sorridevo

quando senza senso mi assaporavo i giorni

mi incatenavo ai gesti

e continuavo per ore al nulla di giochi

mi appaiono così lontani quei giorni

ma ancora non mi lascia

questa indecenza dell’esser bambino

dell’innamorarmi di ogni sospiro

di aver lo stupore del tempo

di sbucciarmi le ginocchia

e di tornare a casa sporco

Per questo avrei voluto dimenticare

di esser adulto

ogni volta che tremo

pensando di non aver più tempo per giocare

In coda all’ultimo dilemma

In coda all’ultimo dilemma

attendo la rispsota

a questo infinitesimo istante di domande lacerate

sfibrate dal tempo

in cui hanno atteso la scelta

dove inquilini di plastica

fanno finta di non avventurarsi oltre la soglia

Tremano i campi di grano

come figli nascosti dietro le finestre

dove alberi di scempio

sopportano impiccati senza nome

Cumuli di tempo

dimenticati nell’angolo piu’ a sud

dove icone tramortite

sognano uno scaffale e una candela spenta

Non ne usciremo senza graffi

In coda all’ultimo dilemma

senza biglietti da distruggere

Come stupirsi di un delitto mai avvenuto?

bianche e vuote sono le delizie

di questo momento

 

La follia ha un corpo da gatto

che rimbalza sulle pareti di un giorno identico a sempre

La misura del tempo

come dello spazio

cedono di fronte all’accusa

che perpetua nell’interesse

 

Venite a voi

gente di questo tempo

venite a voi

con doni diversi

dalla pigrizia dell’amore

dalle vuote stanze

ergete l’urlo di pietra

che assorbe i sorrisi

Innalzate le vostre mani

e toccate la carne

di un dio

che non si ama piu’

Gesti

Avesse negato il gesto
che si fa prece nei movimenti
Capirei la svogliata immagine

Non sono i gesti
da ricordar con lapidi
che danno metro all’amore

Son le piccole insensate attenzioni secolari
Ripetute allo sfinimento

Sono quei gesti
che di giorno in giorno
vengono giudicate
dal mio Amore.

If I Had denied the gesture
which becomes a prayer movements
I could understand the listless image

There are not gestures
to remember with tombstones
giving the meter of love

Are little senseless century attentions
Repeated till exhaustion

Are those gestures
that day by day
are judged
from my love.

Sensazioni Viola

Logorroiche trasformazioni
su divari di scelte
api regina che si schiantano nel sole
procreandosi un alibi
nel tramonto dei loro sogni
Sterili passi dopo la nascita
per adempiere il confuso istante
Siamo diventati
gli esseri piu’ preziosi della terra
esperimenti riusciti della psicometria dell’amore

Scivoliamo da Malkut verso le nostre qlipha
sferici nel frenarci la bioestestica di un gesto
bisturi karmici
per poterci affermare una volta ancora
sopra un pira di sensazioni
di pura negazione

Voglio

Voglio un premio nobel per la pazienza
e come me a tutti
coloro che vedono chiaramente
e a maggior gloria
combattono i sogni perversi
dell’egoismo umano
Voglio una statua in piazza
che racconti la resistenza
di ogni singolo essere umano
contro le ingiustizie e le follie
voglio una targa commemorativa
per padri e madri che credono nei figli
una piazza dedicata all’amore maturo
una via per ghetti di felicita’
Voglio che il mondo ricordi
non solo gli illustri sconosciuti
ma anche la polvere che copre il mondo
Voglio che nessuno si dimentichi di un solo gesto
fatto senza interesse
Ogni secondo accade
e non interessa che la vittima
voglio che non si debba temer d’amare
ma ci si lasci giocare fino in fondo
e nel bene e nel male
si accetti la liberta’ altrui di scegliere
senza pretendere
che gli altri siano come pare a noi.
Per questo appendete una prece
in ogni posto
in cui sia accaduto
un fatto da non dimenticare
non importa quanto piccolo
risuonera’ come uno schianto
nella speranza della polvere

Gelidamente

Gelido e senza riposo

il mattino che si appresta a bussare

alle porte di ogni risveglio

condannato a non toccare

limitato a vagare

Insistente agli occhi di chi

non vuole recidere un altra fila di ore

una scaltra tortura dell’esser obliqui

vince l’oro

chi non si accontenta di morire