Treni a prigione (Pt. I)

Ore 18:00
Il tempo è passato di qua, ha dato il suo sguardo al bigliettaio, lo ha venduto come se fosse un sipario.
Dovrebbe stare attento, qui i bigliettai sono cerberi con le ali, spuntano davanti ai finestrini del treno in corsa e sorvegliano che nessuno scappi.

Passano tante città dai finestrini semi aperti, nessuna si ferma e guarda dentro, i passeggeri salgono senza nemmeno capire come.
Nemmeno io ricordo come salii.

Mi ritrovai seduto al mio posto, le valigie già aperte, tutto riposto con cura in cassetti di legno e oro.

Il mio nome inciso sulla porta sembrava antico, eppure sono qui da soli pochi giorni.

La paura iniziale era solo il preludio all’interesse successivo.

Il treno si riempie sempre ma non è mai affollato, la gente sciama verso cabine a cui si può accedere anche solo sognando.

Qui ho conosciuto il tempo, la fame, la sete, la rabbia, salirono tempo fa (oppure era qualche ora fa?), vestite in abiti antichi, semi strappati dalle loro ossa.
Ognuna di loro aveva la cabina con il nome inciso, ma poi ancor altre invisibili maree crebbero al loro posto. Espropri di spazi altrui come se fosse un demente fondamento di una legge scritta da un pazzo.

Ah se fosse chiaro capire il motivo dell’essere qui, perchè questa prigione dove siamo liberi anche di uccidere? Il senso sfugge come i paesaggi dai finestrini.

Non voglio tentar di fuggire, in molti ci han provato, ma hanno trovato porte aperte su notti infinite, dove solo echi  scorrevano, palpabili come follie di un cerchio disegnato.

Sogno ancora una volta ed è questo che mi rende reale, oltre le spoglie immortali di un dipinto di cenere, dove le immagini arsero per scaldare cuori senza più arte.

Lascia un commento